La Corte di Cassazione si pronuncia ancora una volta in materia di marchio debole e di capacità distintiva.
La vicenda trae origine da una decisione del Tribunale di Venezia, confermata in appello, in cui si era dichiarata la confondibilità tra i marchi di due concorrenti nel settore vitivinicolo. I marchi presentavano scarsi elementi di differenza ma, al contrario un elemento di colore molto simile.
Il Tribunale di Venezia, con una sentenza confermata nel successivo grado di appello, aveva identificato nell’utilizzo del colore in forma specchiata, non usuale nel settore, come l’elemento immediatamente distinguibile dal consumatore medio; gli elementi di differenziazione , invece, erano cosi poco percettibili ad un primo sguardo da non avere capacità di far distinguere un prodotto da un altro.
Il ricorso per Cassazione ha portato la Suprema Corte ha ribadire diversi concetti in materia di marchio.
In tema di marchi di impresa la qualificazione del segno distintivo come marchio cd. debole non incide sull’attitudine dello stesso alla registrazione, ma soltanto sull’intensità della tutela che ne deriva, nel senso che, a differenza del marchio cd. forte, in relazione al quale vanno considerate illegittime tutte le modificazioni, pur rilevanti ed originali, che ne lascino comunque sussistere l’identità sostanziale, ovvero il nucleo ideologico espressivo costituente l’idea fondamentale in cui si riassume, caratterizzandola, la sua attitudine individualizzante, per il marchio debole sono sufficienti ad escluderne la confondibilità anche lievi modificazioni o aggiunte. Il principio era già stato affermato dalla Corte da ultimo con la sentenza Cassazione n. 15927/18, mentre con la sentenza n.31221 del 2022 era stato sottolineato che la valutazione della capacità distintiva del marchio deve essere contestualizzata e dunque tenere conto del consumatore medio del settore facendo riferimento ad un consumatore di buona capacità ed informazione.
Seguendo questi principi, nel caso di specie, ha ritenuto confondibili le bottiglie dei due concorrenti poiché l’elemento preponderante era quello dell’uso del colore specchiato, presente in quelle di entrambi i produttori, mentre gli elementi di differenziazione (lettere o colori) erano di percezione secondaria e dunque non atti a evitare confusione. L’impatto visivo immediato, a parere dei giudici di merito e tale interpretazione e’ apprezzata dalla Corte, è, nel caso in esame, quello capace di colpire il consumatore, cioè l’uso specchiato. Gli altri elementi (secondari appunto) richiederebbero un approfondimento che non tutti i consumatori procedono ad effettuare
Valeria Affer