La Corte Costituzionale Cilena, con una recentissima sentenza del 9 agosto 2023 ha affrontato una
tematica molto particolare e mai trattata sino ad oggi, ossia quella dei dati neurali o neurodati,
ponendo in essere una netta demarcazione tra il mondo della tecnologia e quello della tutela
dell’integrità della persona.
Il decisum della Suprema Corte dimostra come l’assenza di una specifica regolamentazione nella
circolazione dei neurodati possa esporre gli utenti, che utilizzano dispositivi contenenti app di
monitoraggio della salute, a molteplici rischi per la propria privacy e ad altre problematiche che
potrebbero sorgere a seguito di una diffusione incontrollata di tali dati.
Prima di procedere alla disamina della predetta sentenza, occorre fare una piccola digressione storica ed
evidenziare come il Cile sia il primo Paese al mondo ad aver regolamentato la c.d. neurotecnologia,
includendo i diritti del cervello tra quelli suscettibili di tutela costituzionale.
Nel 2021 è stato modificato l’art.19 della Carta costituzionale cilena attraverso l’inserimento tra i diritti
suscettibili di tutela costituzionale del diritto all’integrità e all’immunità mentale del cervello dai progressi e
dalle capacità sviluppate dalle neurotecnologie.
La questione sottoposta alla disamina della Corte Costituzionale cilena rappresenta dunque la prima
applicazione in concreto della nuova disciplina.
Tutto ha inizio con un’azione del parlamentare Guido Girardi Lavin noto promotore della tutela dei
diritti umani, che ha adito i giudici, prima di merito e poi costituzionali, al fine di tutelare i propri
dati neurali.
Il ricorrente Girardi Lavin qualche mese prima di intraprendere la propria battaglia legale aveva
acquistato dall’azienda americana Emotiv, un device denominato “Insight” ossia un dispositivo
wireless che tramite una fascia di sensori raccoglie informazioni sulle attività elettriche del cervello
e incamera dati su gesti, preferenze, tempi di reazione e attività. A seguito di tale acquisto, il signor
Girardi Lavin aveva installato ed attivato il prodotto accettando i termini e le condizioni dei servizi
offerti da Emotiv ed infine aveva scelto di utilizzare la licenza free.
Questo tipo di licenza tuttavia non consentiva al ricorrente di esportare o importare i record dei
propri dati cerebrali che erano stati registrati e salvati nel cloud di Emotiv. Questo blocco a parere
del signor Girardi Lavin sottoponeva i propri dati a potenziali rischi quali hackeraggio, vigilanza,
captazione non autorizzata e commercializzazione.
Pertanto il ricorrente, ritenendo la sussistenza della violazione dell’art 13 della legge sulla privacy
cilena da parte dell’azienda americana sia nella parte relativa ai profili di responsabilità del                                                              responsabile del trattamento dei dati personali che nella parte concernente il diritto del titolare dei
dati ad ottenere la cancellazione o il blocco dei propri dati in caso di chiusura del proprio account,
iniziava il proprio iter processuale nei confronti di Emotiv.
Altro punto dolente rilevato dal signor Girardi Lavin era il fatto che Emotiv, conservasse i dati degli
utenti per scopi scientifici e storici senza averne chiesto l’autorizzazione agli utenti.
Sulla base di quanto sopra il ricorrente chiedeva alla Suprema Corte di ordinare a Emotiv la
modifica della privacy policy, di vietarle la commercializzazione del dispositivo “Insight” nel
territorio cileno in assenza della modifica richiesta e di ordinarle la cancellazione immediata dei dati
propri e degli altri utenti cileni dal data base.
L’azienda resistente interveniva a propria difesa adducendo che “Insight” non è un dispositivo
medico ma di auto quantificazione, che non ha scopi invasivi, che termini e condizioni sono molto
dettagliati e che al loro interno è presente la richiesta di consenso espresso sia per il trattamento dei
dati personali che di quelli cerebrali.
Inoltre Emotiv evidenziava il fatto che il ricorrente non fosse mai stato in grado di fornire alcuna
prova di un danno effettivo da lui subito.
Secondo l’azienda statunitense non era ravvisabile alcuna violazione né della legge sulla privacy
cilena, né del GDPR, regolamento europeo sul trattamento dei dati personali, norma restrittiva che
obbliga alla pseudonimizzazione dei dati..
In particolare con riferimento alla violazione dell’articolo 13 della legge cilena sulla privacy,
Emotiv aveva rilevato che i dati personali restano salvati finché l’account dell’utente è attivo e che
per quanto riguarda i “ c.d. data brain” o dati neurali l’utente, come riportato nella propria privacy
policy, può in qualsiasi momento revocare il consenso al trattamento.
Con riguardo infine al trattamento dei dati per finalità scientifiche o storiche l’azienda aveva
evidenziato che i dati degli utenti sono anonimizzati, crittografati, conservati con modalità sicure e
separati dalle altre informazioni in maniera tale da acquisire la natura di dati statistici, che in quanto
tali sono sottratti alla tutela della privacy.
La Corte Costituzionale, dopo aver analizzato le difese di ambo le parti ha cassato le sentenze di
merito, ha ritenuto rilevante il fatto che la commercializzazione del device “Insight” non fosse mai
stata oggetto di autorizzazione medica (oltre che doganale), e pertanto ha invitato le autorità
preposte di procedere all’analisi del dispositivo alla luce della normativa in vigore in maniera tale
da regolamentare la sua futura commercializzazione in Cile.
I Giudici Costituzionali hanno infatti stabilito che lo Stato deve prestare particolare attenzione e
cura nel controllo degli aspetti della persona umana proprio allo scopo di prevenire e anticipare i
possibili effetti delle neurotecnologie sull’essere umano. Solo in questo modo, a parere della Corte è                                                    possibile proteggere l’integrità umana nella sua interezza, evitando una circolazione incontrollata di
dati neurali al di fuori di contesti strettamente medici.
Ne consegue che prima di consentire a qualsiasi azienda che opera attraverso la neuroteconologia la
commercializzazione di dispositivi volti a trattare i dati neurali, le Autorità Statali competenti
devono analizzare la tecnologia contenuta all’interno di questi dispositivi e soprattutto devono
intervenire il prima possibile con una regolamentazione ad hoc dei suddetti dati basandosi sui
principi dettati dalle normative internazionali in materia di dignità e tutela dell’essere umano.
La Corte, nel giungere a tale conclusione, ha analizzato e richiamato la legislazione cilena sulle
indagini scientifiche su persone e genoma che ha vietato la clonazione umana, ricordando
l’importanza del consenso espresso delle persone coinvolte nella ricerca medica. Ai sensi di questa
normativa, il consenso di chi partecipa alla ricerca deve essere esplicito e rinnovato ogni volta che
l’indagine scientifica subisca modiche di rilievo.
Sulla scia di queste disposizioni normative la Suprema Corte ha evidenziato che nel caso di specie
la società produttrice del device “Insight” ha omesso di ricercare tale consenso specifico, che non
può di certo essere ritenuto implicito negli altri consensi di natura commerciale.
La Corte Costituzionale ha dunque sottolineato la necessità di un controllo da parte dello Stato sulle
nuove tecnologie ed in particolare su quelle che trattano le attività umane come l’attività cerebrale
ed ha ritenuto che l’assenza delle autorizzazioni statali costituisce violazione delle garanzie
costituzionali poste in essere dall’articolo 19 sulla integrità psichica e fisica.
Di conseguenza, secondo il Giudice Costituzionale, la società statunitense commercializzando il
proprio dispositivo senza alcuna autorizzazione da parte delle Autorità Sanitarie cilene ha violato
la predetta norma e per tali motivi ha accolto il ricorso del signor Girardi Lavin, vietando a Emotiv
la commercializzazione del dispositivo fino all’adeguamento da parte di quest’ultima alla normativa
cilena e ha incaricato l’Istituto di Sanità Pubblica e l’autorità doganale di valutare l’intervenuto
adeguamento alla normativa cilena da parte della società statunitense.
La Corte ha infine ordinato a Emotiv di cancellare tutte le informazioni degli utenti cileni che sono
state archiviate nel cloud o nei portali della società, in quanto raccolti senza un esplicito consenso
da parte degli utenti.
La prefata sentenza assume una rilevanza primaria in quanto rappresenta una vera e propria pietra miliare in
materia di dati neurali. Il decisum della Corte cilena mette, per la prima volta in assoluto, dei paletti
all’incalzante sviluppo della neurotecnologia ponendo l’uomo al riparo da numerosi rischi che potrebbero
presentarsi in seguito ad un uso spropositato ed incontrollato di questi sistemi all’interno dei quali viaggiano
milioni di dati neurali che sono a tutti gli effetti dati sensibili.
Difatti, se da un lato la società odierna viaggia alla velocità spazio temporale della tecnologia, dall’altro
occorre evitare che questo viaggio incida sull’integrità psicofisica dell’uomo.

Pertanto la sentenza de qua assume un ruolo fondamentale in quanto fa capire a tutti noi che i diritti
dell’uomo non possono essere pretermessi in nessuna occasione.
Per quanto riguarda il futuro sarà infatti interessante osservare se il comportamento degli altri Paesi
assumerà i tratti di quello del Cile oppure no.

Avv. Duilia Delfino